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IL CECCHINAGGIO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE





Come tutti sappiamo la Prima Guerra Mondiale fu la prima vera guerra moderna, dove la tecnologia entrò in gioco in grande stile. Moltissime furono le novità: artiglierie di nuova concezione, la mitragliatrice, nuovi tipi di esplosivo, la motorizzazione diffusa, ecc. Una delle tante innovazioni fu l’utilizzo su larga scala del materiale ottico, come binocoli telemetri e cannocchiali da assedio. L’uso del cannocchiale venne esteso, da subito, anche ai fucili. La parola che nella lingua italiana tutt’oggi identifica lo sniper, il soldato dotato di fucile con cannocchiale, ci deriva proprio dalla Prima Guerra Mondiale: CECCHINO.
Tale termine non è altro che il diminutivo del soldato di Cecco Beppe (Franz Joseph), il cecchino appunto .

I primi a fare uso dei fucili con cannocchiale furono i tedeschi, all’epoca leader assoluti nel campo della produzione di materiale ottico. Quando poco dopo l’inizio del conflitto, nato come guerra di movimento ma che si arenò subito nelle trincee, si venne a creare la necessità di armi di precisione l’esercito tedesco riuscì velocemente a fornire alle sue truppe armi dotate di cannocchiale. Le prime ad arrivare in linea furono armi da caccia civili, donate dai possessori o più probabilmente sequestrate, di fatto è facile trovare foto d’epoca con soldati dotati di armi simili. Già verso la fine del 1914 vennero poi assemblati, presso gli arsenali statali, dei Gewehr 98 dotati di cannocchiale. Data l’urgente necessità di armi con ottica venne lasciata libertà di approvvigionamento ad ogni arsenale, col risultato che ognuno di essi assemblò le armi con cannocchiali ma soprattutto con sistemi di attacco diversi: si montarono armi con l’ottica montata sulla verticale con attacco a piede di porco, a rampone singolo, alte, basse, altre armi con l’ottica montata disassata, insomma, tutto il contrario della standardizzazione. Come già accennato anche i cannocchiali usati furono i più vari, sia come produttori ma soprattutto come ingrandimenti e luminosità. Comunque i tedeschi furono i leader assoluti in questo ambito nei primi due anni di guerra. Queste armi speciali vennero affidate a persone con esperienza specifica, come cacciatori, guardacaccia o iscritti ai club di tiro a segno. Vennero anche istituiti dei corsi di addestramento al fine di far utilizzare al meglio dette armi: venivano insegnato come tener conto dell’angolo di sito, della temperatura, dell’altitudine, del vento e di ogni altro fattore che potesse influenzare l’efficacia del tiro. Si insegnava anche come mimetizzare la propria postazione e il comportamento in prima linea al fine di essere massimamente efficaci e anche, perché no, ad aumentare le probabilità di sopravvivenza.

Questa innovazione (l’utilizzo del fucile col cannocchiale) venne recepita con ritardo dai nemici ma appena possibile sia i francesi che gli inglesi si dotarono delle loro armi da sniper. Una delle difficoltà principali per i paesi dell’Intesa fu il procurarsi i cannocchiali da montare: la Germania aveva il monopolio mondiale della produzione di vetro ottico e con lo scoppio del conflitto le nazioni alleate si trovarono a doversi inventare un industria ottica, cosa che ovviamente non fu facile né immediata. Comunque già dal 1915 si cominciò a vedere in linea qualche Lebel con ottica APX e pure dei Lee-Enfield. Su questi ultimi inizialmente si montarono dei mirini galileiani (primitivi sistemi ottici, poco adatti alle trincee), ma poi anche gli inglesi riuscirono finalmente ad avere dei validi cannocchiali. Tutto questo rese quindi più complicata la vita dei cecchini tedeschi, per i primi due anni di guerra dominatori del campo ma adesso costretti a dover tener conto del tiro di contrasto degli sniper nemici. Ciò comportò un affinamento delle tecniche di mimetismo ma anche del comportamento in prima linea: si capì ad esempio che non conveniva sparare più di un colpo dalla stessa posizione per non venire individuati, cosa che avrebbe portato al probabile bombardamento del settore di trincea coinvolto. Anche per questo i cecchini designati avevano ampia libertà di movimento all’interno del proprio settore.

Ma passiamo all’italico fronte. Come ben noto la guerra in Italia cominciò solo nel 1915 ma nonostante questo “vantaggio temporale ” al cecchinaggio non si pensò minimamente finchè non ci si rese conto che il nemico aveva una strana abilità nel centrare il cranio di ufficiali , sentinelle e di ogni altro bersaglio “interessante” apparentemente ma non realmente al riparo da rischi vista la presunta distanza elevata dal nemico. In buona sostanza si scoprì che gli austroungarici usavano appunto dei fucili di precisione. In effetti i sudditi di Franz Joseph, grazie ai cugini germanici da anni erano pure loro avezzi all’uso di armi da caccia con mirino ottico e quindi , già allo scoppiare delle ostilità, qualche fucile civile con ottica arrivò in prima linea. Qualche cecchino arrivò sul fronte italiano anche al seguito dell’Alpenkorps , che già nel 1915 era dotato, come ormai tutti i reparti di linea tedeschi, dei suoi cecchini con Gew98 in versione sniper. Gli Austroungarici, ispirandosi ai cugini tedeschi, cominciarono a lavorare sul progetto di una versione da cecchino dell’M95 e furono facilitati in cio’ dal fatto di avere due sole fabbriche di questa arma. Il risultato fu la realizzazione di un sistema di attacco unificato, copiato dal sistema tedesco usato dalla ditta tedesca Goerz per i suoi cannocchiali 3x , usato con minime modifiche dagli assemblatori degli M95 da cecchino. Questo attacco prevedeva due basi disassate sul lato sinistro della culatta per montare lateralmente il cannocchiale, questo al fine di permettere l’alimentazione dell’arma con la lastrina sistema Mannlicher, da inserirsi obbligatoriamente dall’alto. Il vero problema per gli austroungarici fu comunque il reperimento dei cannocchiali da montare : l’industria ottica locale era abbastanza valida ma Reichert, Kahles e Suess non erano in grado di fornire tutti i cannocchiali necessari e quindi ci si rivolse all’alleato tedesco che fornì diversi lotti di cannocchiali di vari produttori. Si possono quindi trovare cannocchiali per Steyr i più diversi, tutti però con l’attacco”standard”. Ci sono anche esempi di cannocchiali donati da civili, montati pero’ in arsenale sempre con i classici anelli militari .

Notazione interessante sul tipo di arma su cui gli austroungarici montarono le ottiche: dando per scontato che si trattava di armi selezionate per la loro precisione inizialmente la maggior parte delle armi a cui venne applicate le ottiche erano fucili lunghi ma verso la fine della produzione buona parte delle armi con ottica erano nella versione corta. Di sicuro questa scelta fu dovuta al fatto di aver constatato che l’effettiva utilità dei cannocchiali dell’epoca era per tiri a breve e media distanza, fino ai 4/500 metri, oltre di fatto si ottenevano risultati sovrapponibili tra arma con ottica e senza (la gittata della carabina era quindi sufficiente). Inoltre la carabina rispetto al fucile era molto più maneggevole sul teatro montano, che caratterizzava una buona parte del fronte italiano. Apro qui una parentesi sull’utilità del mirino ottico sul fucile: oltre a permettere di mirare con maggior precisione ad obiettivi di breve e media distanza il vantaggio per il cecchino e’ anche di essere operativo pure in condizioni di luce scarsa , come l’alba e il tramonto.

Per completare il discorso sulle armi da cecchino in uso agli austroungarici bisogna ricordare che vennero montati cannocchiali anche su alcuni Mauser M14 contratto messicano in 7x57: ci sono foto d’epoca che ritraggono soldati con detta arma e ne esiste un esemplare al museo della guerra di Vienna , purtroppo privo dell’ottica. Fu comunque una produzione marginale come quantità (anche se sicuramente il calibro 7x57 Mauser avrebbe garantito precisione maggiore).

Parlando di quantità si può stimare che gli M95 dotati di ottica prodotti siano stati all’incirca ventimila, un numero di tutto rilievo per l’epoca.

Per completare il quadro sui cecchini austriaci possiamo aggiungere che, come già visto per la Germania, per tale compito venivano selezionati soldati con esperienza specifica (cacciatori, guardacaccia, iscritti ai club di tiro a segno…) i quali dovevano partecipare ad un corso di specializzazione dove veniva insegnato loro come correggere il tiro in funzione di situazione ambientale e posizione e come comportarsi in prima linea. Interessantissimi sono i manuali di cui erano dotati, trattanti sia il materiale (cannocchiale ed arma ) che l’utilizzo dell’arma stessa , con tabelle per la correzione dell’angolo di sito o per compensare l’utilizzo in quota dell’arma: decisamente una preparazione di buon livello !

Ma passiamo a parlare della situazione nel Regio Esercito: ben presto le alte sfere si resero conto che la presenza tra le nostre truppe di armi con mirino telescopico sarebbe stata di grande utilità. Il problema però fu sia tecnico che umano: tecnico perché l’industria ottica italiana non aveva mai prodotto cannocchiali da fucile, umano perché in Italia ai cacciatori era di fatto sconosciuto l’utilizzo dell’arma col cannocchiale. Insomma, si dovette partire da zero. Il primo tentativo fu di montare sull’italico ’91 un cannocchiale proposto dall’inventore francese Amigues e dal costruttore Huet: ne vennero assemblati un migliaio nel 1916 e bisogna dire che, pur con tutti i suoi difetti, venne utilizzato estesamente, quasi tutte le foto di cecchini italiani dell’epoca ci fanno vedere detta accoppiata. Il cannocchiale Amigues era montato con due supporti a coda di rondine fissati sul lato sinistro della culatta del ’91 al fine di permettere l’alimentazione previa lastrina brevetto Mannlicher ed aveva , al contrario di quasi tutti i cannocchiali, una regolazione esterna che , invece di movimentare il reticolo ( a croce), spostava tutto il cannocchiale. Perché questo sistema funzionasse detto cannocchiale doveva essere libero di muoversi sull’asse orizzontale e per mantenerlo in posizione adottava due molle. Insomma , come avrete capito era un insieme decisamente poco adatto all’utilizzo tra il fango e la polvere delle trincee. L’altro cannocchiale adottato , il famigerato “La Filotecnica” della Salmoiraghi-Milano, fu invece decisamente una scelta più valida : trattatavasi di ottica in linea con gli standard più moderni del tempo (e infatti era senza tema di smentite la copia di un'ottica tedesca dell’epoca), luminosa, dotata di tre ingrandimenti , con la regolazione interna del reticolo, reticolo a palo singolo. Sui manuali italiani detto cannocchiale veniva denominato Scheibler. Da ricerche fatte dall’amico Ruggero Pettinelli detto Felice Schleiber fu un conte milanese, appassionato cacciatore e con entrature negli ambienti militari, che conoscendo per esperienza diretta l’argomento cannocchiali sembra si fece promotore della realizzazione di detta ottica presso la Salmoiraghi. Questo cannocchiale veniva montato in asse sulla culatta del’91, rendendone l’utilizzo più intuitivo. Per montarlo fu utilizzato una modalità chiaramente ispirata al sistema austriaco detto “Wiener Schnappermontage, già in uso per montare cannocchiali sulle famose carabine da caccia Mannlicher Schoenauer, che come il ’91 presentano l’anello posteriore di culatta aperto. Il ’91 con ottica Filotecnica fu assemblato nel 1916 in duemila esemplari. Nonostante ciò è stranamente però più difficile vederne uno in foto d’epoca rispetto all’ottica Amigues .


Cecchino italiano con fucile '91 dotato di ottica Amigues

 


Cecchino austroungarico con fucile M95 dotato di ottica di origine germanica

 

Sia per il fucile con ottica Amigues che per quello con ottica Schleiber vennero scritti degli appositi manualetti ispirati a quello austriaco. I concetti espressi in effetti sono gli stessi: ad esempio troviamo scritto che il cannocchiale non va manomesso in alcun modo e va conservato con cura riponendolo nell’apposita custodia se non utilizzato. A questo proposito facciamo notare come appunto ogni cecchino, di tutti gli schieramenti , avesse in dotazione la custodia per il cannocchiale della sua arma, spesso riportante la matricola dell’ottica stessa. Questo perché appunto la preziosa ottica, se non in uso andava protetta dagli urti e dalle intemperie: nelle foto d’epoca è facile vedere addosso al cecchino questo importante accessorio .

Tornando alle istruzioni per i cecchini italiani la frase piu’ interessante la si trova nell’opuscolo per il cannocchiale Scheibler : “Ogni tiratore deve essere accompagnato da uno o più uomini che, nel caso che il tiratore rimanga ferito, riportino il fucile al Comandante la compagnia.”: quindi valeva sicuramente molto di piu’ il fucile del soldato, almeno per lo Stato Maggiore italiano!

Se per i tedeschi e gli austriaci il corso era parte integrante del sistema arma/soldato anche per gli italiani l’organizzazione di corsi specifici divenne fondamentale al fine di sfruttare al meglio l’accoppiata uomo/arma: non siamo a conoscenza del programma specifico ma molto probabilmente avra’ ricalcato il programma di quelli del nemico, viste le comuni problematiche .

Per concludere è interessante notare come nel primo dopoguerra questa “arte bellica” andò a finire nel dimenticatoio, allo scoppio della Seconda Guerra mondiale la sola nazione attrezzata in grande stile per il cecchinaggio fu la Russia/Unione Sovietica, proprio l’unico tra i grandi paesi belligeranti nella Prima Guerra a non aver avuto armi con cannocchiale.

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